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Villa Litta, 4 ottobre 2017 (foto): Conversazione su “Tutte le fortune”

Chi ha detto che la presentazione di un libro senza pubblico è un fallimento? Il 4 ottobre, a Villa Litta, la presentazione voluta da Giuseppe Lardieri, presidente del Municipio 9, si è trasformata magicamente in una conversazione profonda e appassionante sulla vita.

C’erano Beatrice Balzarotti, Leonardo Cardo, Vittorio Pentimalli, Giuseppe Lardieri, l’assessore alla cultura del municipio, il libraio e due persone del pubblico. Ci siamo seduti in cerchio. E tutto è avvenuto come per incanto…

RINCORRERE ITALO TRENO (fine)

Prima leggi: “RINCORRERE ITALO TRENO” (episodio 1)

Prima leggi: “TI PORTO IN VACANZA” – Paros

 

“Ma come cazzo fai a non essere preoccupato Ricky! Non arriveremo in tempo e tu te ne stai lì a leggere!”

L’ansia lo stava divorando. E Ugo me la rovesciava addosso a secchiate. Nell’ultima mezz’ora era la terza volta che sbottava. Non riusciva a trattenersi.

“Come cazzo fai a essere così tranquillo?!”.

“Come faccio? Perché metteremo il nostro culo su quel cazzo di aereo…”. In realtà ero tranquillo perché non avevamo il controllo di nulla. Dovevamo solo aspettare e sperare.

Avevo risposto senza alzare gli occhi da “I pilastri della terra”. Il romanzo di Ken Follet mi stava facendo compagnia da quando ci eravamo imbarcati al porto di Parikia, a Paros. Il traghetto era salpato con quattro ore di ritardo. Un vento infernale stava spazzando le Cicladi rallentando tutto ciò che resisteva sopra il pelo dell’acqua. All’aeroporto di Mykonos, alle 13:00, il volo che ci avrebbe riportati a casa dopo la vacanza sarebbe decollato. Pensare di prenderlo era una follia. Il traghetto arrancava tra il mare agitato, gli schianti della prua contro le onde che ci ricordavano quanto stavamo navigando lentamente. La veemenza degli schianti era tale che schizzi di Mediterraneo ci raggiungevano fin sul quinto ponte di poppa. Appiccicaticcio di acqua salmastra continuavo a leggere. Gli schizzi in faccia mi lasciavano indifferente. “Metteremo il culo su quel cazzo di aereo”, dissi sottovoce. “Metteremo il culo su quel cazzo di aereo”, ripetei sempre sottovoce. Il mormorio stava diventando un mantra.

 

“Metteremo il nostro culo su quel cazzo di treno”. Ripeto il mantra mentre le ruote anteriori della carrozzina vibrano all’impazzata. Succede sempre quando Stepan la spinge seggiola a rotelle correndo.

“Piano Stepan”

Stepan rallenta il tempo necessario a far rilassare le ruotine. Poi riprende.

La stazione di Rogoredo si avvicina sempre più rapidamente. Abbiamo parcheggiato in via Giovanni Battista Cassinis alle 9:20. A mezzo chilometro dalla destinazione. I mastodonti verdi ci hanno perseguitato fino all’ultimo. Quattro minuti e Italo lascerà anche Rogoredo. Pensare di prenderlo in tempo è una follia.

 

“Ricky, non ce la faremo…”

“Corri Stepan”

Ci precipitiamo nella stazione. Mi guardo in giro mentre Stepan continua a spingere a passo veloce.

“Rallenta Stepan”.

“Perché?”

“Il binario…”. E guardo il tabellone delle partenze alla nostra sinistra.

“Binario 1 Stepan”

“Dov’è l’ascensore?”

“Qui non c’è Stepan”.

“Come facciamo?”

Come cazzo vuoi fare Stepan? “A piedi Stepan”.

 

Osservo la scala che porta al tunnel che collega i binari. Una rampa. Un pianerottolo. Una rampa fino al corridoio. Sui lati un corrimano nero.

“Stepan, prendi il trolley, portalo in fondo alle scale all’angolo con il corridoio, e corri su a tutta velocità”

Stepan trotterella giù per la scala. Arriva in fondo. Appoggia il trolley. Si volta verso i gradini e pianta uno scatto furioso. Sembra stia scappando da una bomba. Come farebbe un terrorista. Un terrorista?! Per un attimo immagino due carabinieri che girano l’angolo, osservano la scena, e lanciano l’allarme. Sorrido, ma neanche tanto.

“Stepan, facciamo in fretta! Quel trolley deve stare là il meno possibile… Sembra una bomba”.

Stepan mi strappa dalla carrozzina. Divoriamo i gradini. E la carrozzina ci segue grazie alla generosità di un passeggero che si è offerto di portarla in fondo alla rampa. Mi ci siedo. Stepan afferra le maniglie e si lancia verso il fondo del tunnel.

Binario 1. Non abbiamo il tempo di leggere nulla. Questa volta appoggiamo il trolley sul pianerottolo a metà della rampa. Tenuto più vicino, assomiglia meno ad una bomba Stepan mi strappa nuovamente dalla carrozzina. Dietro di noi c’è il passeggero che ci ha seguiti: “tranquilli, alla carrozzina ci penso io”.

Arriviamo in cima alla rampa. Il fiato mi manca. La bocca spalancata cerca di inalare tutta l’aria possibile. Intorno, una folla di passeggeri in attesa. Sono le 9:31. “Cazzo, abbiamo sbagliato binario Stepan…”.

Un fischio mi zittisce. “Treno Italo delle 9:20 in arrivo al Binario 1. Ferma a Roma Tiburtina, Roma Termini,…”. L’annuncio che volevamo sentire. Alla nostra destra, la motrice del treno ad alta velocità bordeaux fa capolino.

“Metteremo il culo su quel cazzo di treno. Cazzo Ricky, funziona!”.

 

Novembre 2016

rifiuti

“Porc … la carr…”

Stepan ripete meccanicamente i gesti che compie da cinque anni. Quasi sei. Apre il cancello del nostro cortile. Entra con la macchina. La parcheggia. Scende. Apre il bagagliaio. Poi, apre la mia portiera. Mi trasferisco sulla carrozzina. Entriamo in casa.

Mezz’ora prima siamo usciti da Aida ripetendo altri gesti meccanici. Mi aiuta ad alzarmi dalla carrozzina e scendere i sei gradini nel cortile del condominio. Mi appoggia in macchina.

Arrivati a casa lottando con il traffico, esegue la routine fino all’apertura della mia portiera. La procedura si interrompe, mi sta guardando con un sorriso stirato. Le labbra increspate. Gli occhi che guizzano da un lato all’altro come se cercassero una via di fuga. Deglutisce rumorosamente.

“Ricky, dobbiamo tornare in Aida…”. Lo dice con lo spirito del condannato aspettandosi che si scateni un uragano.

“Cazzo – penso – il cellul…”.

Non faccio in tempo a finire che Stepan mi stende. “Mi sono dimenticato la carrozzina”.

“Questo fine settimana pubblichi un post sul blog, me lo merito”.

……

Dopo cena, al telefono con Rossella.

“… e così mi dice che si è dimenticato la carrozzina”. Concludo ridendo e spiegando che è una settimana che lavora come un dannato. Per questo non ho intenzione di pubblicare nulla sul blog.

“Beh Ricky, poteva capitare di peggio. Poteva dimenticare te!”

Decido di scrivere il post.

 

17 febbraio 2017

dimenticarsi

“Io Donna”: Recensione di “Tutte le fortune

Dai blog di Io Donna/Io Leggo

Quando da bambino si appassiona al judo, Riccardo Taverna non sa che avrebbe applicato per tutta la vita un insegnamento così semplice: come si cade. Imparare a cadere per non farsi male, per attutire i danni, per rialzarsi subito. È quello che Taverna sa fare meglio: perché se certi momenti della vita non possiamo sceglierli, abbiamo però la possibilità di decidere come affrontarli. E lui cade, perché non si può evitare, ma lo fa con consapevolezza e con lucidità, per riuscire a rialzarsi, e a vivere la sua vita. Accettando il cambiamento che ogni caduta comporta, e costruendo sempre, evolvendo.

Non c’è solo la malattia neurodegenerativa con cui fare i conti: ci sono le difficoltà quotidiane della famiglia, un lavoro appassionante ma sfidante, da reinventare sempre per stare al passo, ci sono amici che deludono e tradiscono, donne che si allontanano, e poi il Parkinson. Taverna non si fa mancare nulla. Soprattutto non gli manca la grinta, un passo alla volta, un gradino alla volta, insieme a una moglie straordinaria, ad amici veri, quelli che restano sempre, a una schiera di 50 badanti non tutti all’altezza, ma tutti capaci di condividere un pezzo di strada, con molti risvolti divertenti.

Il cambiamento come risorsa: per Taverna è stato adattarsi a quello che la vita gli ha portato, imparando a cogliere le cose positive a cui ti mette davanti una malattia. E lui ne ha fatto anche un principio della sua attività di consulente, facendo del cambiamento verso la sostenibilità un asset, e aiutando gli uomini di azienda a sradicare vecchie abitudini per accogliere il nuovo, a imparare che tutto si può fare, se si guarda un problema in modo diverso dal solito.

Tutte le fortune è un libro positivo, che si divora, perché è scritto bene, coinvolge, fa ridere, inaspettatamente, e fa sentire più forti.

Francesca Cingoli

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io-donna

RINCORRERE ITALO TRENO (episodio 1)

Prima leggi: “CRONACA DELL’INFARTO (parte 2) (… Dove si racconta di Stepan alla guida)

“No cazzo, Stepan! Un altro!”

Il mastodonte verde si ferma. Gli operatori saltano a terra. Afferrano i sacchi neri pieni di spazzatura accumulati sul marciapiede e li scaraventano nella trituratrice. Velocemente. Ma senza esagerare. Ripartiamo come ho sempre vietato a Stepan di guidare: come se non ci fosse un domani. Stamattina è necessario.

Siamo in ritardo. Un ritardo infernale. Abbiamo un appuntamento a Roma alle 13:00, un colloquio con Arianna. Alle 14:00 una riunione con Marco e Dario dell’ufficio informatico di Legambiente. Alle ore 15:30 si aggiungerà Milena, la responsabile comunicazione. In coda Nunzio, il direttore amministrativo. Intanto dobbiamo arrivare alla Stazione Centrale, sul binario di Italo. Parte alle ore 9:15. E non aspetta.

Sono le 8:55 e siamo ancora in via Ripamonti. Siamo entrati da via Pampuri. Il tempo di arrivare al primo semaforo e siamo bloccati. Coda fino al comando dei carabinieri. E oltre.

Dobbiamo sparigliare. Via Ripamonti è una trappola di traffico. Un paio di chilometri di sabbie mobili dove le macchine si impantanano senza nessun appello a tutte le ore del giorno. È sufficiente un’auto parcheggiata non perfettamente allineata che il tram non passa più. È una piccola disattenzione che riesce a bloccare il lato sud di Milano. Reagiamo.

Giriamo a sinistra in via Noto. L’accelerazione di Stepan è bruciante e continua fino in fondo a via Verro. Non c’è in giro nessuno. Forse ce la facciamo. Mi illudo. Sono tutti in via Antonini. La attraversiamo e prendiamo via Ghini. Inchiodiamo allo stop. Sterziamo a sinistra in via Fontanili. I pneumatici fischiano mentre raschiano l’asfalto. Stepan inchioda un’altra volta. Alzo gli occhi e vedo otto vetture davanti a noi.

“Cazzo! No! Cazzo! … Un altro!”

Il pachiderma verde della nettezza urbana sta ingoiando sacchi.

“Stepan! A destra!”

“Qui?”

“Certo! Dai!”

Accelera in via Astura. Pochi metri e siamo in fondo. Stepan si lancia a destra in via Rutilia.

“Porca merda! Non ci posso credere… Ancora! Un altro… Cazzo! Non ce la faremo mai!”

Sono le 09:02. Italo parte tra 13 minuti. Stepan ha eseguito tutte le mie indicazioni diligentemente. Non ha commentato. Non ha criticato. Forse si sta anche divertendo.

“Cazzo Stepan, doveva succedere prima o poi. Avviso Legambiente che arriveremo tardi…”. Siamo appena tornati su via Ripamonti.

“Andiamo alla stazione di Rogoredo”, propone Stepan.

“Magari… Ma non c’è l’ascensore e sul binario non c’è il montacarichi…”, mi sto per rassegnare. Invece guardo Stepan che sta ancora aspettando la risposta definitiva: “sei un genio! … Gira a destra e corri!”. Da Rogoredo Italo parte alle 9:24. Niente. L’unica speranza è che parta in ritardo.

 

Novembre 2016

 

rifiuti

 

 

Mi hanno detto di “Tutte le fortune”… (2)

Da quando “Tutte le fortune” (10 novembre 2015) è uscito ho ricevuto molti messaggi. Sono tutti importanti e ognuno mi ha dato qualcosa di unico. Per ringraziare chi mi ha scritto ho pensato di pubblicare le loro parole, naturalmente rendendo il messaggio anonimo nel rispetto della privacy. Grazie a tutti.

Ricky

 

Ciao Riccardo, noi non ci conosciamo direttamente anche se abbiamo amici comuni. Voglio premettere che ti scrivo con messanger perché voglio scrivere a te e non fare vedere a tutti che ti scrivo e cosa ti dico. Al momento dell’uscita del libro, ti dissi che lo avrei preso, letto e che poi ti avrei fatto sapere. Oramai l’ho finito di leggere da un pò ma prima di farti sapere, avevo bisogno di tenere le bocce ferme. La storia scorre, ci si diverte, si resta meravigliati, ci si arrabbia per tutto quello che ti è successo, per non avere avuto mai un momento di pace. Tu racconti tutto ciò con spirito, ironia, coraggio e dignità. Per farla breve tu ci dai una grande lezione di vita, anche se secondo me molti, al giorno d’oggi, non sanno più leggere fra le righe, anzi non sanno proprio leggere…
F. V.
Siamo xxx e xxx, oggi per caso abbiamo seguito la trasmissione “Tutto il bello che c’è”. Ci ha colpito la sua pacatezza e forza nell’affrontare quello che la vita ci riserva. Con questo grazie per l’amicizia condivisa.
L. C.
Grazie, ogni volta e’ una gioia scoprire che ci sono creature al mondo come lei… Abbiamo bisogno di esempi in questo mondo povero di umanità
L. F.
Complimenti… ho ascoltato ora a Rai 2… sei una persona forte, una bella persona che nonostante tutto dà una carica immensa a chi si lamenta per niente. Combatti sempre e non arrenderti mai. In bocca al lupo e buone feste.😉
D. P.
Ciao Riccardo ti ho appena visto in tv nella rubrica del tg2…. ti ammiro per il coraggio e la forza che hai, mi hai fatto commuovere, mi hai fatto apprezzare di più la vita. Grazie
E. L.
Buongiorno Riccardo. Ti ho conosciuto oggi tramite la trasmissione di Rai Due TUTTO IL BELLO CHE C’E’. E in una giornata per me non delle migliori le tue considerazioni sul valore della vita mi hanno confortato. Non ho particolari problemi di salute ma a volte anche a non avere ha problemi come hai te, giornate nere capitano. Buona fortuna e tanti auguri di buon Natale e un sereno 2016.
R. C.
Ciao Ricky, ho finito adesso di leggere il tuo libro. I complimenti sono scontati. Bellissimo. La tua tenacia e sensibilità sono un esempio per tutti. Grazie di averlo scritto. Un abbraccio.
F. A.
Anche se una parte l’avevo già letta sul tuo blog lo trovo assolutamente appassionante! Bellissimo!
P. F.
Finito di leggere ieri, interessante, piacevole, impressionante di una verità più che contagiosa, Un abbraccio Riccardo e a Nelly
E.P.
Complimenti “Uicky” libro appassionante. Consiglio ai miei “quasi amici” di Facebook di comprarlo
S. T.
Ora che ho finito il libro cosa leggo stasera?
Ricky aspetto il secondo libro perché tutte le fortune mi ha coinvolto moltissimo! È bellissimo!
R.S.
Ho conosciuto Riccardo Taverna l’estate scorsa a Festambiente in un dibattito originale dove si parlava di Carlsberg e bilancio sociale e si degustavano le birre Poretti. E’ stata una bella serata (e gli incontri non avvengono per caso…). L’ho poi ritrovato su Fb. L’ho scoperto e apprezzato ancora di più attraverso “Tutte le fortune”, una storia che ti coinvolge, ti costringe a riflettere, ti disarma. Ma soprattutto ti fa sorridere e sperare (e di questi tempi è tanta roba…). Grazie Ricky. Ora aspettiamo il film…
F.G.
Letto tutto d’un fiato. Emozionante. Complimenti!
D.S.
Bellissimo…. mi ha fatto ridere e commuovere!!!!bravo zio Ricky!!!!
S.M.

Recensioni

Retroscena a “La vita in diretta”

Marco Liorni ha appena lanciato il servizio. Alcune badanti stanno raccontando la loro vita nelle famiglie milanesi.

“Stepan, quando rientriamo in studio riprendo da te. Ti chiedo com’è lavorare con Riccardo”. Marco Liorni mette sul chi va là Stepan.

“Ok”. Stepan risponde con sicurezza.

Un colibrì non farebbe in tempo a battere le ali una sola volta che Stepan affonda le unghie nel mio avambraccio. Mi guarda controllandosi. Nonostante lo sforzo la sua preoccupazione sta sgorgando da ogni poro.

“Ricky, cosa dico…?”

“Di quello che pensi Stepan, dì la verità”. Sospetto cosa dirà, ma mi sono ripromesso di essere sempre onesto con i miei lettori.

Il servizio finisce. Le telecamere in studio si riattivano. Marco Liorni annuncia il rientro e guarda Stepan con un sorriso rassicurante.

“Stepan. Com’è lavorare con Riccardo?”

“Prima di tutto – esordisce Stepan – Riccardo è un gran rompiscatole…”

 

Clicca qui e guarda l’intervista

 

29 febbraio 2016

La vita in diretta Continua a leggere

SEA PER TELETHON: RICCARDO TAVERNA A LINATE CON IL SUO LIBRO

Giovedì 15 dicembre 2016, alle ore 17:30 mi incontrerò con il personale della SEA per parlare di malattie rare e cambiamento. Grazie al mio amico Flavio Ancilotti. Il tutto sotto il prestigioso cielo di Telethon.

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SORPRESA DA FIRENZE (parte 2 – fine)

Prima leggi: SORPRESA DA FIRENZE (parte 1)

Fare breccia in un bunker protetto da un arsenale di intelligenza, intuito e dialettica sopraffina è una missione impegnativa. Molto impegnativa. Come fare cambiare idea a Nelly. Cercare di dissuaderla, invece, è una missione impossibile. Il fallimento è certo. Perché prima ancora che si cominci solo a pensare di affrontare il bunker bisogna superare una barriera fatta di convinzione granitica. Un bastione insormontabile contro il quale si schiantano tutti i tentativi. Anche quelli più raffinati.

Curiosi e assonnati. I due occhi piccoli mi fissano. E mi ricordano che quando Nelly si mette in testa qualcosa, prima o poi la fa’.

Ne avevamo parlato ogni tanto. Poche discussioni ma profonde. Avevo cercato di dissuaderla. Di farle capire che se lo avessimo fatto tutto il peso sarebbe caduto sulle sue spalle. “Mon amour, non ne hai mai avuto uno. Non sei abituata a gestirlo. E io, nelle condizioni in cui mi trovo, non posso aiutarti”.

Mi illudevo di averla convinta. Fino alla volta successiva. Ricominciavamo a parlarne come se fosse la prima volta. Non mi restava che sperare che se ne dimenticasse. O che continuasse a rimandare, fino all’infinito.

Invece. La sera prima mi aveva telefonato da Firenze. Pitti Uomo chiudeva e la titolare della griffe le aveva chiesto di restare a cena per convincere un’importante boutique giapponese a completare l’ordine di maglioni di cachemire con i modelli più innovativi. Ci saremmo visti il giorno dopo in ufficio.

Ora era lì, in piedi davanti a me con gli occhi luminosi che tracimavano gioia. La gioia di Nelly quando sta facendo felice qualcuno. Seduto sulla poltrona presidenziale in simil pelle nera mi ero trascinato oltre la scrivania. Eravamo uno di fronte all’altra. La piccola cucciola che Nelly teneva goffamente e io. Le ho avvicinato la testa e arricciato il naso. La lingua era guizzata verso la punta. Era rientrata prontamente. Mi stava studiando. Per poi lanciarsi verso il mio viso per una leccata vigorosa. Era appena scoppiato un amore.

Una piccola Jack Russell “sbagliata”, tutta color biscotto, era entrata nella nostra famiglia. Cookie, due occhietti vispi, un mozzicone di coda sempre in movimento, stava per prendere possesso di casa nostra.

 

Aprile, 2003 (circa)

sorpresa