La porta dell’ufficio si apre lentamente. Elena smette di parlare e corruga la fronte mentre si volta verso l’entrata.
Mezz’ora prima era comparsa sulla porta della mia stanza. Si era appoggiata allo stipite sinistro e mi aveva chiesto un’opinione su una campagna pubblicitaria. Una questione più tecnica che altro, risolta in pochi attimi. Era rimasta lì. Dalla campagna pubblicitaria eravamo passati a chiacchierare di tutto e niente. Quelle conversazioni inconcludenti perfette per il sabato mattina. Quando in ufficio non c’è nessuno, i telefoni non squillano, e i corrieri non irrompono a consegnare i soliti pacchi urgenti.
L’espressione di Elena vira verso un sorriso. Mentre la porta continua ad aprirsi. Lentamente.
“Ciao”. È sorpresa.
Faccio rotolare la sedia verso destra per inquadrare la porta. Nelly!
“Cosa fai qui!?”. Vederla. Vedere il suo volto illuminato dal suo sorriso, continua ad essere una sensazione indescrivibile. Soprattutto quando non li vedo da un po’. Come negli ultimi quattro giorni in cui è stata a Firenze per Pitti Uomo. Sarebbe tornata ieri se la titolare della griffe non le avesse chiesto di rimanere anche il venerdì sera per una cena con un’importante cliente. Ci saremmo visti oggi pomeriggio a casa. Sono confuso.
“Indovina chi ti ho portato da Firenze?”. Nelly è piegata in avanti. Il busto in ufficio, il resto sul pianerottolo come per trattenere qualcuno che vorrebbe irrompere.
“Moira!?” Moira. A Milano? Nelly ci è riuscita. L’ha strappata dai colli del Chianti per farle passare due giorni da noi a Milano. Favolosa!
“No, no…” Gli occhi di Nelly tracimano di gioia, di chi si sta divertendo a prendere in giro.
“No?! Come no?!”
Elena fa da spettatore.
“No, no!”. Nelly è sempre più divertita. Sa che se non ci arrivo subito ho poca pazienza. E ci sono. Quasi.
“Dai, dimmi… ” Sto iniziando la fase uno: la supplica.
Nelly non se la gode minimamente. Entra in ufficio trattenendo un’esclamazione: “ma è lei!”
Due occhi assonnati. Piccoli. Curiosi. Mi fissano.
(Gennaio 2003)