Stepan ripete meccanicamente i gesti che compie da cinque anni. Quasi sei. Apre il cancello del nostro cortile. Entra con la macchina. La parcheggia. Scende. Apre il bagagliaio. Poi, apre la mia portiera. Mi trasferisco sulla carrozzina. Entriamo in casa.
Mezz’ora prima siamo usciti da Aida ripetendo altri gesti meccanici. Mi aiuta ad alzarmi dalla carrozzina e scendere i sei gradini nel cortile del condominio. Mi appoggia in macchina.
Arrivati a casa lottando con il traffico, esegue la routine fino all’apertura della mia portiera. La procedura si interrompe, mi sta guardando con un sorriso stirato. Le labbra increspate. Gli occhi che guizzano da un lato all’altro come se cercassero una via di fuga. Deglutisce rumorosamente.
“Ricky, dobbiamo tornare in Aida…”. Lo dice con lo spirito del condannato aspettandosi che si scateni un uragano.
“Cazzo – penso – il cellul…”.
Non faccio in tempo a finire che Stepan mi stende. “Mi sono dimenticato la carrozzina”.
“Questo fine settimana pubblichi un post sul blog, me lo merito”.
……
Dopo cena, al telefono con Rossella.
“… e così mi dice che si è dimenticato la carrozzina”. Concludo ridendo e spiegando che è una settimana che lavora come un dannato. Per questo non ho intenzione di pubblicare nulla sul blog.
“Beh Ricky, poteva capitare di peggio. Poteva dimenticare te!”
Decido di scrivere il post.
17 febbraio 2017