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OMAR (EP. 4)… recriminazioni!? A me!?

È sera e sto tornando verso casa seduto sulla carrozzina. La via sempre buia. Sempre bucata. Omar sempre lento. Sempre pacato.
Il buco è lì. Davanti a noi. Saranno 5 metri.
“Omar, stia attento al buco”, lo informo.
“Sì, signor Riccardo”. Pacato come al solito.
Non devia…
“Omar, stia attento al buco”. Insisto.
“Sì, signor Riccardo”. Pacato.
Non devia.
“Omar. Il buco. Spostiamoci”. È un’intimazione.
” Si”. Risponde pacato e infastidito. Forse sospirando.
Non devia! Non devia!!
“Il buco! Cazzo! …”. Trattengo un’imprecazione.
È un attimo. La ruota anteriore della carrozzina, quella piccola, si incastra nel buco. L’inerzia mi fa scivolare sul sedile. Riesco a non cadere. La borsa del computer si inclina. La trattengo. Il monitor scivola. Scivola. E cade. Omar lo guarda. Poi guarda me. Gli sibilo di sollevarlo e di farmelo vedere. Scheggiato.
“Signor Omar, mi paga anche questo”, annuncio.
“Senta – mi risponde alzando gli occhi al cielo e perdendo tutta la sua pacatezza – non posso mica pagare tutto…”.
” No! Senta lei – taglio corto – se lei rompe le mie cose me le paga. E non discute. Se ha delle recriminazioni da fare le faccia a Satana”.
(Dicembre 2009)

OMAR (EP. 3)… rompi? Paghi!

Procedeva imperterrito. A rompere oggetti e da un po’ non solo quelli. Anche quella mattina, come tutte le mattine, ormai da un mese, ripone il mio portatile e i vari accessori dalla tavola da pranzo nella borsa. Pronto per essere riattivato in ufficio. Faccio colazione. Mi lavo. Mi veste. Mi posiziono sulla seggiola a rotelle. Mi appoggia la borsa del portatile sulle gambe. Andiamo in ufficio. 150 m di trasferta!
Sobbalzo…
“Signor Omar, stia attento alle buche… per favore…”, raccomando rassegnato. In un mese l’avrò detto 30 volte.
“Si Signor Riccardo…”, risponde. Le parole che viaggiano più lente di un bradipo.
Sono in ufficio. Bevo il caffè con Alessia e Boris. Omar prepara il mio portatile. In questo è diligente.
“Tutto pronto. Vado”. Omar esce dall’ufficio.
No!!!! Lo schermo del portatile è scheggiato. Inutilizzabile.
“Omar, torni in ufficio”, scandisco nel cellulare trattenendo un attacco d’ira. So cosa è successo!
“Non so cosa è successo”, mi spiega Omar.
“Glielo dico io cosa è successo, signor Omar. Non ha rimosso il coperchio della chiave USB del ricevitore del software di riconoscimento vocale che appoggia in cima alla tastiera del portatile tutte le volte che lo prepara. Lo fa tutte le mattine e da un mese. Questa mattina invece no! Oltretutto per chiudere il portatile ha dovuto forzare. Non se ne è accorto?”
“No” risponde Omar pacatamente.
“Mi dispiace, questa volta paga il danno”. Glielo dico serenamente.
“Ok” continua Omar sempre pacatamente.
Non polemizza?! Merita rispetto..
La stessa sera. Mi sta cambiando. Omar “rompe” il silenzio.
“Signor Riccardo, le devo spiegare… “, esordisce pacatamente, monotono.
“Mi dica…”, rispondo distrattamente.
“In questo mese ho rotto tante cose…”
“Si…”, interloquisco, un po’ meno distratto.
“Vede… in realtà, non sono io che rompo gli oggetti”, incomincia a spiegare con estrema serietà.
“E chi sarebbe mai?” Chiedo. Sta incominciando ad attirare la mia attenzione. Anche se in un angolo remoto della mia mente temo la piega che potrebbe prendere il discorso.
“Si ricorda che le ho detto che suono”, Omar riprende pacatamente.
“Si”.
“… e che suono durante le messe dove succedono cose strane… dove le persone guariscono…”, continua Omar, sempre pacatamente.
“Sii…”, il timore vago sta diventando una realtà grottesca.
“Vede… io ho un nemico – va avanti pacatamente Omar – che mi attacca quando le persone guariscono”.
Lo so. Dovrei troncare. Chi sia il nemico è chiaro. Ma è più forte di me…
“E chi sarebbe questo suo nemico”, sono tra l’irritato, il divertito e, ammetto, lo sfottente.
“Satana, signor Riccardo, Satana”, annuncia Omar … pacatamente.
L’ha detto! Ha proprio detto Satana! Non ci posso credere…!
“In pratica – spiega Omar, pacatamente -per vendicarsi Satana mi fa rompere le cose…”.
“Aspetti. Aspetti – interrompo – quindi, lei guarisce delle persone, fa arrabbiare Satana che per vendicarsi le fa rompere le mie cose?!” Non posso credere che stia capitando a me. Omar è serissimo.
” È così!”, esclama Omar. Riesce a esclamare pacatamente…
“Senta signor Omar – taglio corto – ammesso che io ci creda, e io non ci credo, si inventi delle scuse più credibili per giustificare la sua distrazione. Oppure la smetta di guarire le persone. Oppure dica a Satana di vendicarsi in qualche altro modo… ma la smetta di rompermi la casa!”.
“Ma signor Riccardo … non funziona mica così… Satana…”, mi dice Omar con aria di compatimento.
“OMAR!!” Esclamo, alzando decisamente la voce.
Ci vediamo domani mattina.
Non pensate che sia finita qui.
(Dicembre 2010)

OMAR (EP.2)… il badante evangelico che fa proselitismo

Mentre Omar  ci “cambiava” il servizio di piatti rompendo i pezzi con perizia, in ufficio incominciò ad accadere uno strano fenomeno. Una mattina, sulla mia postazione “apparve” l’immaginetta di un santo.
“Ally, Boris… sapete qualcosa dell’immaginetta alla mia postazione?” chiedo ai miei collaboratori con sufficienza. Li conosco molto bene. Non è da loro.
“No Ricky – rispondono in coro – tu sai qualcosa di quelle alle nostre postazioni?” chiedono ironici a loro volta.
“?!!??!”. Di badanti sono diventato un esperto. Mi sono solo distratto un momento. È tutto chiaro. Afferro il cellulare. “Signor Omar , può venire in ufficio per favore?”
Omar mi racconta di essere un evangelico e che ha voluto farmi da badante per darmi “assistenza spirituale”. Mi racconta di suonare in un gruppo latino-americano che è il protagonista di messe cantate dove succedono “cose strane”.
“Cosa succede di strano?” domando a Omar, immaginando la risposta.
“La gente guarisce, signor Riccardo – mi risponde con tono solenne – vuole venire?”
Proprio come temevo. E così si spiegano altri “fenomeni” come la sua proverbiale lentezza, un bradipo al confronto soffre di ipercinesi, e il rovistare nella pattumiera della cucina alla ricerca di pane secco da mangiare. Non per necessità ma, sono convinto, per dimostrare a se stesso di essere un asceta.
Sento il dovere essere estremamente chiaro, sincero e diretto.
“Signor Omar, io non credo in Dio – non sono stato a spiegargli la complessità dei miei pensieri – se ci credessi, non credo nella Chiesa, non credo nelle guarigioni miracolose. Lei è qui per aiutarmi là dove non arrivano le mie mani e le mie gambe. Il mio spirito non deve essere una sua preoccupazione. Se per lei questo rappresenta un problema me lo dica subito che cambiamo”.
Per Omar questo non rappresenta un problema, apparentemente. Convinto, non ho mai voluto sapere da chi, né l’ho mai chiesto, di avere una missione da compiere, ogni tanto “butta lì” un “domenica c’è una messa, vuole venire?”, “sapesse cos’è successo all’ultima messa”. Nei mesi sono passato dal rispondere educatamente “no grazie”, al ignorarlo completamente.
In ufficio non si è più permesso di “seminare” immaginette. Fargli capire che non era opportuno è stato arduo.
(Novembre 2009)

OMAR (EP.1): chi rompe paga

Alle volte anche io non mi spiego come faccio a scegliere i badanti! Omar, 35 anni circa, honduregno, era basso. Alto quanto me seduto sulla seggiola a rotelle. Era lento, lentissimo. E distratto. Passi per la lentezza e la distrazione: quelle si scoprono lavorando. Ma l’altezza!? Sarà stato anche più basso di 1.60. Come potevo sperare di camminare appoggiato a lui senza piegarmi. D’accordo. C’è la carrozzina. Ma ancora oggi, riesco a camminare per  500 metri se mi appoggio a qualcuno… ed è un ottimo esercizio fisico. Comunque. Torniamo alla distrazione.
“Scusi signor Riccardo, ho rotto un bicchiere. Lo pago io”.
“Non si preoccupi signor Omar, può capitare”.
“Scusi signor Riccardo, ho rotto un altro bicchiere”.
“Non si preoccupi signor Omar, stia più attento”.
“Signor Riccardo, ho rotto un piatto”.
“Signor Omar. Faccia attenzione. Non è neanche una settimana che lavora. La prossima volta paga”.
Nelly era preoccupata che “questo”, seppur piccolo, ci smontasse la casa pezzo a pezzo. Non avrei mai potuto minimamente avvicinarmi a immaginare ciò che mi stava per capitare.
(Novembre 2009)