Prima leggi: PAPÀ, I CONFLITTI INCASA
La lastra di granito chiude lentamente la tomba. Tengo gli occhi fissi sulla bara. Che lentamente viene inghiottita dal buio man mano che la lastra avanza. Gli addetti del cimitero terminano e si allontanano con discrezione. È finita. Papà non c’è proprio più. Nell’occhio si forma una lacrima. Scivola lentamente sulle ciglia. Si tuffa sulla guancia e rotola via. Seguita da un’altra lacrima. E da un’altra ancora. Le lacrime diventano un rivolo che rompe la tensione che ho accumulato negli ultimi mesi. Il respiro si rompe. Piango sommessamente davanti a quella lastra che ha reciso definitivamente il legame materiale con mio padre. Due braccia mi avvolgono le spalle da dietro. Ugo. L’abbraccio dell’amico che c’è passato alcuni anni prima. L’abbraccio che sta dicendo: “tranquillo, ci sono”.
Alessandro mi vede. Sta singhiozzando. Si avvicina senza parlare e mi abbraccia. Ugo si allontana. Si avvicina anche Marta. Ci abbracciamo tutti e tre mentre le nostre lacrime si mescolano. Non vedo la mamma. Ha perso il suo compagno di vita e sta soffrendo. Ma da un altro lato è libera dall’uomo che aveva reso la sua vita e quella dei figli simile a un girone dell’inferno dove la punizione era la violenza psicologica.
Essere vicini, in un momento estremo come il funerale del proprio padre, dopo aver passato anni a litigare, è piuttosto ipocrita. Credere che sia possibile è come confondere geografia e spirito. Infatti, passano solo poche settimane e torniamo sulle barricate fatte di silenzi, recriminazioni utili solo a rinfacciare, come nella migliore tradizione familiare, un passato che sta diventando una zavorra così pesante da impedire qualsiasi tentativo di guardare al futuro. Papà non c’è più. Ma la sua presenza è più ingombrante che mai.
(Luglio 1992)