GRILLO E L’ESAME DI MATEMATICA

Prima leggi: GRILLO E L’ESAME DI PROGRAMMAZIONE E CONTROLLO

Inizio l’anno sabbatico con grande determinazione. Per arrivare alla laurea devo passare quattro esami. Con il vincolo di matematica, la materia che mi ha sempre fatto dannare. Se non lo passo non posso sostenere Statistica, Economia Politica Due, Politica Economica e Scienza delle Finanze. Sono passati tre anni dall’esame di Pianificazione e Controllo. Allora a scrivere ero lento. Oggi non ci riesco proprio. Le dita della mano destra mi hanno abbandonato. Torno dal dottor Grillo.
L’incontro è cordialissimo. Sempre a modo suo. Linguaggio colorito e metafore sopra le righe, una passione straordinaria per l’università e gli studenti. I suoi studenti. Telefona all’Istituto di metodi quantitativi e mi presenta. Mezz’ora dopo sto spiegando le mie condizioni di salute al direttore dell’istituto.

“Quindi non riesce a scrivere”, conclude il direttore togliendosi gli occhiali e sfregandosi gli occhi. Un modo per prendere tempo e trovare una soluzione.
Annuisco per non distogliere la sua attenzione. Sembra impegnato a risolvere la teoria della relatività.
“Bene. Se non riesce a scrivere non darà l’esame scritto. Si presenti all’orale”, mi spiega il direttore con tono solenne e conclusivo.
“E come lo sosterrò”, domando candidamente. Ho il forte sospetto che non abbia afferrato il problema.
“Come tutti gli altri”, risponde il direttore con tono ovvio.
“Con gli esercizi?”
“Certamente”. Il tono del direttore ancora più ovvio. Omette di dire “ma che domanda…”, ma l’espressione sorpresa lo tradisce.
“Professore”. Faccio una pausa per assicurarmi la sua attenzione. “Non riesco a scrivere…”. Lo dico sottolineando ogni parola, perando che il concetto si sedimenti nella sua memoria.
“Già”, annuisce come se avessi inserito una nuova variabile nella teoria. Il direttore è assorto. “Non farà gli esercizi”.
“E le dimostrazioni dei teoremi?”.
Questa volta me lo chiede. “Scusi cosa c’entrano dei dimostrazioni dei teoremi?”.
La risposta è prevedibile quanto la domanda: “Professore, lei mi insegna che per dimostrare un teorema bisogna scriverlo”. Cerco di non essere impertinente.
“È vero – continua il direttore – faccia così, dimostri di aver capito il senso generale della matematica”.
Sono perplesso. Molto perplesso. Devo capire cos’è il senso generale della matematica. Anche se temo che un’altra domanda faccia saltare il banco. “Professore, abbia pazienza per cortesia. Come mi preparo?”.
Pensava di essersela cavata. Invece è in difficoltà. Si affanna a cercare una risposta. Una risposta qualsiasi. Più per levarmi di torno. “Ce l’ha il testo della teoria?”
“L’Avondo Bodino Guerraggio, si”.
“Impari a memoria gli enunciati dei teoremi”. Problema risolto.

“Si accomodi”. La professoressa mi invita a sedermi mentre allontana gli altri studenti. Meglio che non assistano al mio esame, pena una sollevazione di massa. Non riesco a scrivere. Ma se non le si osservano attentamente le mani sembrano normali.
Ho cercato di prepararmi. Ma ho scoperto che le motivazioni sono basse. Bassissime. Tre anni e mezzo senza studiare, a lavorare producendo risultati e divertendomi, mi hanno fatto perdere il “passo” dell’apprendimento meccanico. Esco di casa sapendo di espormi al ridicolo.
La professoressa mi chiede di enunciare un teorema nel quale dovrei pronunciare la formula “retta tangente ad una circonferenza”. Non ci riesco. Pensavo che mi sarei reso ridicolo ma non fino al punto di dire “riga che tocca un cerchio”. Enuncio il teorema reinterpretandolo con parole mie. Mentre parlo la professoressa fissa un punto sul foglio di fronte a lei. Quando finisco alza la testa lentamente. I miei occhi perplessi incrociano il suo sopracciglio talmente inarquato da urlare: “macché cazzo sta facendo?”. Sto violentando la matematica e il mio sorriso di scuse le sta dicendo sommessamente: “sono mortificato”.

La professoressa prende la parola. “Senta, se le do diciotto finiamo questa farsa?”.

Due settimane dopo aver passato l’esame di matematica Emmanuelle mi chiamava per propormi di entrare in Dow Jones.
(1995, circa)

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