MIGLIORO, PEGGIORO, MIGLIORO, PEGGIORO: LA PRIMA CADUTA E L’INTERFERONE

Prima miglioro. Poi peggioro. Miglioro ancora. Riprendo a peggiorare. Tra una fase e l’altra passano mesi. È una costante. Come è una costante peggiorare sempre più di quanto sia migliorato. Così, inesorabilmente, perdo forza e funzionalità agli arti. Prima le braccia. Lentamente. Poi, altrettanto lentamente, le gambe. È successo sempre così. Al Besta. Con l’agopuntura. Al DIMER. Gli interventi correttivi sono dei classici. Aumento del dosaggio del farmaco del momento. Maggiore frequenza della terapia. Al DIMER, invece, con Il Prof., abbiamo innovato. L’innovazione si rincorre nei momenti più critici. Per esempio di fronte alla prima caduta.

Romana ha scelto il parka blu. È il suo regalo di Natale per Ugo. Siamo al piano interrato del “Metropolitan Museum”, il “mio” negozio di abbigliamento. Antonio, il padrone che è riuscito a creare questo gioiello di qualità, passione, prezzo e simpatia, e Giuseppe, l’assistente che meglio ne incarna lo spirito, si avviano lungo la scala verso la cassa al piano superiore. Romana li segue. Io chiudo la fila.
Le gambe hanno ripreso a peggiorare da un po’ di mesi. Le immunoglobuline stanno perdendo progressivamente la loro efficacia. Abbiamo provato con un cocktail di immunoglobuline e cortisone ma senza risultati. Tanto che Il Prof. sta pensando ad alzare il tiro somministrandomi l’interferone. È un esperimento che richiede l’autorizzazione del comitato etico del San Raffaele; l’interferone è un farmaco contro la sclerosi multipla. Non è previsto per contrastare la CIDP. Siamo in attesa della delibera. Nonostante il calo delle prestazioni mi muovo ancora decorosamente. Cammino, guido, faccio le scale. Sono ancora autonomo.
Mi avvicino alla scala del “Museum”. Automaticamente appoggio il piede sinistro sul primo gradino. Automaticamente stendo la gamba sinistra. Automaticamente stacco il piede destro e lo appoggio sul secondo gradino. Automaticamente stendo la gamba destra e stacco il piede sinistro portandolo verso il terzo gradino. Lo appoggio e inizio a stendere la gamba sinistra. Ma. Ma la gamba destra non si è stesa. Spingo. Nulla. Ferma. Come sono fermo io, sospeso tra due gradini, con entrambe le gambe piegate. Anzi. La gamba destra cede. Lentamente. Faccio forza. Nulla. Cede sempre di più. Sempre più velocemente. Mi sbilancio all’indietro. In un attimo, un attimo lunghissimo, sono per terra. Con uno schianto. Sperimento la durezza del pavimento in cotto. E sento due piccoli “crack”. Al gomito destro. Alla mano destra.
Romana, Giuseppe e Antonio mi sono subito intorno. Freno il loro entusiasmo nel volermi aiutare. Li rassicuro. Ma prima di alzarmi voglio controllare l’entità dei danni. Sono minimi. Il dolore è sopportabile. Meno sopportabile se premo. Pazienza. Comunque niente pronto soccorso.
La prima caduta non mi preoccupa molto. Inconsciamente la stavo aspettando. Forse è per questo che non sono sorpreso. Forse il fatto di essere già al lavoro per poter prendere l’interferone mi conforta. Anzi. Bisogna accelerare. Arrivo a casa e chiamo Il Prof. Gli faccio un resoconto dettagliato. Domani chiamerà il comitato etico.
(Novembre 1997, circa)

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