Un ricovero ogni 3 mesi per infondere immunoglobuline. Naturalmente endovena. Un ricovero di 2 giorni. Naturalmente inchiodato a letto. Il lato positivo del ricovero c’è. Lo staff di infermieri del reparto di neurologia è giovane. Sgobbano come dei matti senza mai negare un sorriso o una battuta discreta. Quando sono in confidenza, le battute sono più sfacciate. Da parte mia ho imparato a non lamentarmi anni fa, molto prima che nella mia vita si insinuasse la CIDP. E “Lui”, con lasua storia devastante, me lo aveva ricordato nel caso mi passasse di mente ancheper un solo attimo. Ho imparato anche il rispetto del lavoro altrui. E gli infermieri devono gestire un intero reparto, non un singolo paziente. Rispondo alle battute. Chiacchiero, rido e scherzo. È tutto spontaneo.
Raggiungo un accordo con i medici: ricovero nelle fine settimana. Accettazione il venerdì, nel tardo pomeriggio. Dimissioni la domenica sera dopo l’infusione dell’ultimo flacone di immunoglobuline. O il lunedì mattina se nel corso della somministrazione la pressione ha subito qualche sbalzo. Sacrifico il fine settimana per non perdere giorni di lavoro. Un sacrificio che non mi costa: amo il mio lavoro.
Un sacrificio che non mi costa. Al DIMER rivitalizzo un’antica passione: la lettura. È Andrea che mi restituisce il gusto di un libro. Viene a trovarmi con un regalo: “Il Socio” di John Grisham. Lo appoggio distrattamente in fondo al letto. La compagnia di Andrea è sempre stimolante e del libro mi dimentico in un istante. Subito dopo cena, solo in camera, mi guardo in giro annoiato. Solo “Il Socio” cerca di intercettare il mio sguardo. Far sentire la sua presenza. Lo guardo. Mi risponde. Lo afferro. Lo appoggio sul comodino da notte fonda. Finito. I libri sono i miei compagni più fedeli nei ricoveri. Mi sveglio. E leggo. Il venerdì pomeriggio prima dei ricoveri faccio sempre un passaggio in libreria. E la volta che non ho fatto in tempo uscendo di casa triste la costa di un libro ha attirato la mia attenzione dalla mensola: “Il ciclo delle fondazioni” di Isaac Asimov. Me lo aveva regalato Sabina, del clan Bucciarelli. Era Natale. Ho dovuto fare buon viso. Sabina è un’amica straordinaria, una sorella. Ma ai tempi non mi conosceva ancora bene: odio la fantascienza. Asimov ha aspettato sulla mensola un paio di anni. Con pazienza. Poi mi ha fatto innamorare di lui e amare la fantascienza. “Ma tu non parli mai?”. Guardo il mio compagno di stanza da sopra il libro. Non rispondo. Da perfetto cafone. Ma R.Daneel sta arrivando su un pianeta sconosciuto chiamato Terra. Due giorni di ricovero. Tre libri. Poco sonno. Un compagno di camera palesemente incazzato.
“Ciao Ricky! Come stai?”
“Bene grazie! Tu?”
“Cosa mi racconti…”, mi domanda l’infermiere mentre mi accompagna in camera. Io racconto, lui racconta.
Tutti i venerdì pomeriggio incominciano così quando entro al DIMER. Sono nella mia depandence.
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