Non mi ricordo il giorno. Non mi ricordo il periodo. Poteva essere il 1995 o il 1997. La mano destra faceva ormai poco. Le gambe incominciavano ad indebolirsi. Non mi ricordo molto.
Mi ricordo molto bene di aver passato la porta del corridoio e di essermela trovata di fronte. Mi ricordo il suo capo chino, i suoi occhi immersi in un mare di tristezza cercavano i miei. “Riccardo, scusami se sei ammalato, non volevo. Mi sento tanto in colpa. Non sono stata una brava mamma per questo. Non volevo…”. Le ho sorriso. “Mamma, se potessi tornare dentro di te all’attimo prima di nascere. Se in quel momento qualcuno mi raccontasse quello che mi sarebbe capitato venendo al mondo, comprese le prospettive che ho, e mi offrisse la possibilità di scegliere tra nascere o passare il turno, sceglierei di nascere tutte le volte. Perché la vita è bellissima”. Ci siamo abbracciati. “Lo pensi davvero?” “Sì”. “Grazie Riccardo, grazie”.
Mamma, ora non ci sei più. La mia salute è più compromessa. Confermerei la scelta un’altra volta, come la confermo tutte le mattine. Grazie Mamma.
(1995, circa)