TRAPIANTO DI MIDOLLO: LA CHEMIOTERAPIA

prima leggi: TRAPIANTO DI MIDOLLO: IL RICOVERO

Chemioterapia a dosaggio mega. Il suono è inquietante come lo è il nome. L’impatto non può che essere devastante.

Il primo giorno passa senza sorprese. La botta arriva il secondo giorno. Mi sveglio. Ma non completamente.

La stanza sembra più grande. No. Sembro più piccolo io. Boh. Mi sento leggero. La testa è leggera. No. È la mente ad essere leggera. Libera. Libera di fare quello che vuole. Andare dove desidera. All’esame di maturità. Devo parlare di Oscar Wilde. Alla destra del commissario di inglese, il commissario di chimica. Indossa vestiti e accessori rosa. Come faccio? Devo dire che Oscar Wilde è gay. Come faccio? Dico omosessuale? Lo chiedo a Grillo. Per fortuna che è arrivato. Trova sempre una soluzione. Mi guarda. E comincia. “Siete i soliti coglioni. Non mi date ma retta. Vi ho sempre detto che nel combattimento a terra vi dovete alzare solo quando l’arbitro vi tocca. Sennò l’avversario vi fotte”. Obietto. Cerco di obiettare. “Senna sapeva che non c’era spazio. Ha fatto apposta”.

L’infermiere mi porta il pranzo. Mi addormento.

Mi sveglio. Forse. “Pinunana batta”. Detesto il rumore del temporale. Soprattutto quando sto rientrando dalla nonna seduto nel cestino appeso al manubrio della bicicletta della zia Gege. Sono quasi arrivato. Spingo sui pedali con tutta la forza che mi rimane. Il resto l’ho lasciata lungo i 10 km di salita. I muscoli delle gambe bruciano. Sembrano sul punto di esplodere ad ogni colpo di pedale. Passo del Tonale. Ci sono quasi. “Dai cazzo papà! Non puoi mollare ora! Il passo è lì! Sono anni che vuoi raggiungere la Forcola! Abbiamo passato il nevaio…”. La maestosità della montagna mi ha invaso. Non riesco a pensare ad altro mentre la metropolitana mi riporta verso casa. Suono il campanello. La mamma apre la porta con uno sguardo triste. “Domani non vedrai correre il tuo Villeneuve”. La bocca coperta da una mascherina. Boh.

Perché la mascherina mamma? Sgrano gli occhi. Vedo i suoi incorniciati dalla calottina e dalla mascherina. Le spalle strette sotto il pastrano. È lì. Immobile ai piedi del letto. Gli occhi tristi fissi su di me.

“Mamma… da quanto sei qui?”

(Dicembre, 1999)

 

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