EROI QUOTIDIANI

Stiamo conversando amabilmente da mezz’ora. Da quando ci siamo seduti a questo tavolino infernale. Piccolo. Attaccato al muro. Come la mia spalla. Schiacciata contro l’intonaco per cercare di tenere le gambe sotto il ripiano di legno. Avrei già cambiato posto se non fosse per il timore ingiustificato di far cadere la tensione della chiacchierata. Non ho mai raccontato la mia quotidianità senza l’uso delle mani con cosi tanta naturalezza. Soprattutto alla prima uscita. Rita ci è riuscita. La domanda diretta. Pronunciata attraverso il suo sorriso sempre acceso, sotto gli occhi spalancati alla vita. Offerta senza curiosità morbosa ma per arricchirsi ascoltando il racconto di un’altra esistenza. Carnagione scura sotto un casco di capelli nerissimi. Minuta. Arguta e raramente banale. Rita fa succedere le cose con semplicità.

I limiti nel vestirmi. I problemi a mangiare. Spazzolarmi i denti. Le conseguenze sulle relazioni. La fine della storia con Daria. Gli amici straordinari. Vivere la vita con il rispetto che si deve a un dono. Non mollare mai. Racconto i fatti. Racconto le sensazioni e le emozioni. Racconto le prospettive e come le affronterò.

“Ricky, sei quello che chiamo eroe quotidiano”.

Gli occhi scuri mi scrutano con delicatezza per incrociare la mia reazione. All’ascolto il suono di quelle parole inaspettate. Eroe quotidiano. La mia inclinazione vanitosa mi fa sentire l’armonia del suono. Che gracchia appena le ascolto con sincerità.

“No, Rita. Non sono un eroe. Gli eroi sono altri. La vita è così complicata che già solo alzarsi la mattina è un atto eroico. Ma questo lo facciamo tutti. Pensa a quelle persone che aprono gli occhi ad ogni sorgere del sole sapendo che la loro giornata sarà identica a quella precedente. Uguale. Tutti i giorni sempre la stessa. Tutti i giorni. E che non possono rischiare di cambiare perché hanno il mutuo da pagare, i figli da mandare a scuola. Non penso che da bambini sognassero di fare una vita così. Eppure, ogni mattina si alzano e fanno quello che devono fare. Per senso di responsabilità. Loro sono gli eroi quotidiani. Io sono un privilegiato. Faccio il lavoro che ho sempre desiderato. Lo faccio bene, penso. Di fronte al loro coraggio, mi imbarazza pensare di essere un eroe”.

Sono passati quasi 20 anni. Sono su una seggiola a rotelle e continuo a pensare che gli eroi quotidiani sono altri. Ne ho conosciuti molti. Tanti tra i badanti che ho incrociato. Uomini che hanno lasciato le sicurezze, seppur minime, spesso moglie e figli, per aspirare a una vita migliore in paesi che si dimostrano spesso ostili.

 

(Novembre, 1994 circa)

 

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