(Da dieci anni viviamo in un loft in fondo a via Ripamonti. È a pian terreno. Soffitto di 5 metri con vetrate di 3 metri e mezzo su i tre lati del giardino).
Il passerotto che cinguetta sull’albero evoca suggestioni e sentimenti carichi di energia positiva. Appollaiato sul ramo, il batuffolo di piume fischietta contaminando chi lo ascolta con la sua allegria. Annuncia la primavera, una giornata limpida o, più semplicemente, la sua felicità. Ma la gioia di vedere un uccellino non è per tutti. Per Nelly il cinguettio è un segnale d’allarme, la vista fonte di preoccupazione. Preoccupazione che entri in casa. E quando il passerotto è in casa a Nelly evoca un solo sentimento, nitido e netto: terrore.
Inutile cercare spiegazioni. Non ce ne sono. Il fatto certo è che quando un pennuto varca la soglia di casa o entra dalla finestra Nelly perde il lume della ragione. Urla in preda al terrore correndo in giro per l’appartamento. Gli occhi sbarrati come se fosse inseguita da una tigre a digiuno da settimane. Anzi, Nelly preferirebbe di gran lunga il felino. Corre fino a che approda da me in cerca di aiuto e protezione. Il terrore in casa è anche quello del povero pennuto che all’improvviso si trova prigioniero in una gabbia che, seppur grande, è abitata da uno strano mammifero bipede con una grossa criniera castana. E che corre in modo inconsulto da un lato all’altro lanciando stridii acuti e assordanti.
Nelly mi guarda implorandomi di fare qualcosa. Che io sia disabile e non mi regga in piedi non conta. Devo risolvere il problema. Senza alternative. Perché il passerotto vola in casa quando il badante non c’è. Il fine settimana o quando è in ferie. Non ho scampo.
La prima volta è successo di domenica pomeriggio. Io sul divano spaparanzato a guardare lo sport in televisione, Nelly a sistemare il giardino. Fuori una giornata straordinariamente limpida. Il passerotto entra dalla porta della cucina e plana in salone arrampicandosi su un tenda a cinque metri d’altezza. È un periodo difficile. La CIDP mi sta attaccando vigorosamente e le gambe sono debolissime. Tendo l’orecchio verso il giardino. Nessun urlo. Nelly non se ne è accorta. L’uccellino immobile. Ci provo.
“Mon amour?”
“Dimmi!”. Nelly risponde con il suo solito squillo carico di energia e allegria. Bene.
“Fammi un favore. Mi apri le finestre per fare girare un po’ d’aria, sto scoppiando”.
“C’è un uccello in casa!”. Non lo sta dicendo. Lo sta affermando come se ce l’avesse di fronte.
“Dove?”. Provo una manovra di elusione. Inutilmente.
“C’è un uccello in casa!!!”. L’urlo selvaggio squarcia la giornata limpida. Il passerotto vola in cerchio sotto il soffitto.
“Come cazzo ha fatto…”, mormoro mentre mi trascino gattonando verso la finestra. Mi appoggio al mobile della televisione per tirarmi in piedi. Mi appoggio alla colonnina tra due finestre. Tiro su la tenda afferrando e tirando la corda con la bocca. L’equilibrio è precario. Riesco a colpire la maniglia della finestra fino a metterla in posizione “aperto”. Incastro l’avambraccio tra la maniglia e il vetro. Tiro. E la finestra si apre. Mi trascino sul divano e aspetto. L’uccellino allunga il collo verso la libertà. Ma non si muove. Teme che il mammifero bipede urlante si palesi nuovamente. Dopo alcuni minuti prende coraggio e si lancia nella apertura. Problema risolto.
La seconda volta Nelly è in casa. La condizione peggiore. Sta lavorando sul soppalco. Ed è più vicina al soffitto. Il passerotto entra da una finestra e plana verso la libreria dove Nelly ha la postazione. Io sono sempre sul divano preda di un abbiocco. Le urla di Nelly mi riportano alla realtà e stordiscono il pennuto che si mette a volare ossessivamente in cerchio. Nelly, a sua volta, plana al piano inferiore. E si avvicina al divano con gli occhi imploranti aiuto. Questa volta mi sorprende. Invece di sdraiarsi a fianco a me, in cerca di protezione, sale sul divano in piedi.
Mi viene da ridere ma riesco a trattenermi. “Mon amour, cosa sali sul divano? C’è un uccello in casa, mica un topo”.
“Cosa devo fare?”. La voce di Nelly trema. La scena piena di risvolti che tendono al ridicolo. E io contribuisco.
“Mettere la testa sotto il tavolino della televisione”. Libero la prima baggianata che mi è passata per la testa, certo di prendermi un bel vaffanculo. Invece Nelly mi sorprende per la seconda volta.
Alza la testa con circospezione. Cerca di localizzare il pennuto. Non lo vede. Scende dal divano guardinga. Si avvicina alla televisione in punta di piedi. Si inginocchia. E mette la testa sotto il tavolino.
Un episodio rimarrà indimenticabile. È capitato nel periodo in cui la produzione mondiale di immunoglobuline è stata scarsa. E i cicli di terapia si erano fatti meno frequenti dando libertà d’azione al mio sistema immunitario. Nelle gambe la forza latitava. Al divano ero quasi inchiodato.
Quando entra l’uccellino Nelly reagisce come sempre, urlando e correndo verso di me in cerca di aiuto. Ma questa volta non ce la faccio. Comincio a parlarle per rassicurarla. Il respiro le si fa meno affannoso. È il momento giusto per farle capire che tocca a lei risolvere il problema. Aprire la finestra mantenendo il più ferreo autocontrollo per non spaventare il pennuto. Ce la fa. Apre la finestra. Mantiene la calma. L’uccellino vola in cerchio sotto il soffitto ed esce. Nelly non lo vede e si convince che è entrato in camera da letto al piano di sopra. E mi sorprende per la terza volta. Domina il terrore ed entra in camera a controllare. Esce trionfante. Vederla salire la scala verso il soppalco con un coraggio da gladiatore, come se fosse costretta ad affrontare un orso ferito, mi riempie di orgoglio. È mia moglie!
(2003-2010)
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Correlati