È lì. In fondo al braccio. È sempre lì. Presente. Affidabile. Sempre pronta. 27 ossa, muscoli, nervi, tendini, pelle. Tutto assemblato nello strumento più straordinario che la natura abbia concepito: la mano. È lì, in fondo al braccio, alla periferia dell’io, ai confini della consapevolezza. Quasi una appendice. Eppure non si può far altro che arrendersi all’evidenza. La mano è un miracolo. Afferra, accarezza, costruisce, scrive, parla, scopre, vede, sente, ama, legge, crea, difende, attacca, trasporta, dipinge, scolpisce. E non ci accorgiamo di lei.
Comincio a perdere la funzionalità delle mani. Lentamente. E mentre elaboro strategie alternative per compensare la loro progressiva latitanza, cresce la consapevolezza di loro. Altrettanto lentamente. Più si allontanano, più le riconosco. Riconosco le tenaglie con le quali sfidavo il vento di Hyeres nella Francia meridionale. A L’Almanarre, la spiaggia del windsurf, domavo un quasi-Mistral senza agganciare il trapezio. Tenevo il boma con le mani fino a quando la pelle sui palmi cominciava a bruciare. Riconosco lo strumento di precisione. Penso alle volte che ho tenuto un uovo con due dita. Senza farlo cadere. Senza schiacciarlo. E penso a tutte le piccole operazioni quotidiane che le mani compiono. E sono quasi ignorate.
Grazie alla mano, la vera meraviglia del mondo, le idee diventano realtà. I più grandi capolavori come tante altre “opere di ingegno” si materializzano così. E tra i capolavori riconosciuti, le “opere di ingegno” quotidiane. I piccoli tesori che si realizzano ogni giorno. Una lettera, una carezza, un piatto di pasta. Tutto ciò che facciamo e che diamo per scontato. Come diamo per scontata la mano, lì in fondo al braccio. E quando la perdiamo, ci ricordiamo di che capolavoro sia.
Le mie mani sono diventate delle vere appendici. Non le uso più. Sono il lontano ricordo di un capolavoro. Mi hanno insegnato a non andare nulla per scontato. Una sfida che ogni tanto perdo. Allora guardo le mani e vedo il mondo da un’altra prospettiva. Più piena. Completa.
Il badante ha sostituito le mie mani. Stepan è il capolavoro.