L’INCUBO DI STEPAN

“Ricky, ieri notte l’ho sognata”. Stepan rompe il silenzio mentre sta rimettendo il computer nella borsa. La giornata è finita. Siamo pronti per trasferirci a casa.
“Sì?”. Sono curioso.
“Si!”. Il mio interesse entusiasma Stepan. Che si lancia nel racconto.

“Eravamo in giro io e lei con la carrozzina. A dire la verità c’era anche una mia amica”. Ascolto mentre il racconto di Stepan prende quota. “Improvvisamente lei frena la carrozzina senza dirmi niente e si alza e improvvisamente si mette a camminare così”. E mi mostra come mi aveva sognato camminare. Le gambe tese e le braccia pure. Sull’orlo della caduta ad ogni passo. “Io non sapevo cosa fare – continua Stepan – ho provato a seguirla e lei mi ha detto: cosa fai?” Imitando il mio tono seccato. “Io non sapevo cosa fare. Se seguirla o obbedire… Ero preoccupato che cadeva… Avevo paura che si faceva male… Poi come facevamo… Poi cosa raccontavo a Nelly… Mi sono svegliato tutto agitato, tutto sudato”.

“Accidenti, un incubo Stepan!”, intervengo.
“Cosa significa?”
“Un brutto sogno”.
“Giusto, un incubo”, approva Stepan.

Stepan è parte della nostra vita. Un pezzo della nostra famiglia. Ho imparato a volergli bene.
(Marzo 2013)

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