PRIMA LEGGI: Cronaca dell’infarto (parte 5)
“Riiiickyyyyyyyy!”. È uno squillo. Lo squillo di Rita. La nostra adorabile Rita.
Sono uscito dalla sala operatoria con il cuore ripulito. Indebolito. La coronaria rinforzata da uno stent. Gli occhi svuotati dalle lacrime. Giuseppe, l’infermiere, ha spinto la barella in ascensore. Le porte si sono aperte al 4º piano: unità coronarica. La terapia intensiva del cuore.
“Riiiickyyyyyyyy!”. Lo squillo di Rita sa di famiglia. Quotidianità. Mi riempie di vita. Troppa. Le lacrime sgorgano. Mi sistemano nel letto. Mi fasciano l’arteria femorale sinistra. Stretta. Molto stretta. C’è il rischio di emorragie con gli anti coagulanti. Mi applicano gli elettrodi per tenere il cuore sotto controllo. Punture. Pastiglie. Poi Rita. Ci abbracciamo. Un abbraccio carico di significato: Ricky non potevi andartene. Rita non potevo andarmene. Mi rassicura.
“Nelly sa tutto. È aggiornatissima e tranquilla. Sta arrivando. Atterra a Linate intorno alle 16”.
“Rita, stavo per non vedere più Nelly…”.
Poi arriva Ninfa. Passo veloce. Leggero. Sfiora il pavimento fino al mio letto. Arriva con il suo sorriso più rassicurante. Ci abbracciamo.
“Nelly sta arrivando…”.
“Stavo per non vedere più Nelly, Ninfa. Il solo pensiero di non rivederla più mi ha fatto combattere”.
Ninfa si commuove. E io la seguo a ruota.
“Dov’è Stepan?”
“Sì Ricky?”. Stepan è pronto ad eseguire.
“Grazie Stepan…”.
“Per cosa?”
“Per essere stato bravissimo”.
“Non ho fatto niente…”.
Allungo il braccio sinistro verso la testa di Stepan. E la tiro delicatamente verso la mia. Lo abbraccio forte. Stepan piegato verso il letto si lascia abbracciare, sorpreso.
“No Stepan, mi hai salvato la vita…”. Ricomincio a piangere.
“No Ricky. Ha fatto tutto lei. Io ho fatto solo quello che lei mi ha detto di fare”. Anche in un momento come questo Stepan non riesce a resistere. Deve puntualizzare.
“Stepan stai qui e non parlare. Sono vivo perché c’eri tu. Perché sei stato bravo. Non lo dimenticherò mai”.
Restiamo lì. Fermi. Abbracciati. Poi Stepan non ce la fa più.
“Non deve piangere Ricky. Il suo tempo sulla terra non ancora finito. Ha ancora tante cose da fare”.
Poi arriva Max. Il mio adorabile cognato. Una presenza inaspettata. Una sorpresa straordinaria. Max ha un cinismo leggero e affettuoso. Unico. È passata poco più di un’ora dall’uscita dalla sala operatoria. E Max è la prima persona che riesce a strapparmi una risata.
Poi arriva Sabina. Il suo “Uick”, il modo di chiamarmi che ha resistito per 25 anni nel solo clan Bucciarelli, mi fa riappropriare del senso di un’amicizia più solida del tempo. Anche a Sabina racconto come è andata. Dei sintomi. Della consapevolezza dell’infarto. Della scelta di non chiamare l’ambulanza. Della bravura di Stepan.
Sento i suoi passi nel corridoio. Il battito ritmato dei tacchi sul pavimento. Quel ritmo inconfondibile. Lo riconoscerei ovunque. Sentirlo mi emoziona. Sta arrivando. Nelly sta arrivando. Rivolgo gli occhi verso la porta della stanza. Pochi momenti e la vedo. Gli occhi provati. Il viso tirato. È bellissima. La ragione della mia vita. E da oggi non è più una metafora. Mi sorride. Il viso le si illumina nonostante la tensione.
“La prossima volta che vuoi che torni, dimmelo. Non farti venire un infarto”. E mi abbraccia. Ce l’ho fatta. La sto guardando. Con Nelly posso vincere qualsiasi sfida.
(16 marzo 2012)
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Correlati