(In quel periodo la CIDP stava facendo il suo corso. Ero in una delle fasi di miglioramento. Gli effetti erano poco visibili. L’impatto più significativo era nelle mani. Non facevo più i movimenti fini come allacciare un bottone o tirare su la cerniera lampo. Non riuscivo più a portare pesi).
Arrivo puntuale sotto casa di Daria. Mi sta già aspettando. La valigia e le borse allineate sul marciapiede. Stiamo partendo per la Grecia.
Scendo dalla macchina. Apro il bagagliaio. Daria lo svuota. Incominciamo a caricare le valigie e le borse con ordine. O meglio, Daria carica. Io do le istruzioni. Daria circa 1 e 70, esile. Io 1 e 87, robusto. Il fisico da palestra ancora evidente.
“Prendi quella e mettila lì”. “Ok, bene. Ora quella sacca in quell’angolo”. “Sposta quella borsa sopra la sacca… perfetto”.
Daria esegue diligentemente. Stiamo insieme da nove mesi e ha accettato i miei limiti dal primo giorno. Anche perché sono stato chiaro e trasparente. Le ho detto tutto della mia malattia e dei limiti che mi impone, fin da subito. Con grande onestà.
Abbiamo quasi finito di caricare la macchina. Un coppia passa sul marciapiede dietro di noi. Lui si rivolge a lei. “Hai visto? – le chiede con un vago tono di ammirazione – quello lì ha capito tutto della vita!”
(Luglio 1993, circa)